Una serata conviviale con una interessante e ben documentata relazione del ns. amico Igor Rossello, chirurgo della mano noto a livello internazionale.
Tra i suoi tanti, importanti interventi, viene ricordato il ‘miracolo’ di far tornare alle competizioni il pilota di F1 Robert Kubica dopo un grave incidente subito nel 2011: è ben noto il manifesto esposto da Kubica sulla pista del GP d’Australia nel marzo 2019, per ringraziare il “Dottore Rossello”.
Igor è anche un eccellente Egittologo e il suo intervento di stasera, “La mano: simbolo dell’uomo nella scrittura degli Dei”, combina perfettamente questa passione con la sua professione.
Dopo la bella visita al Museo di Torino a metà novembre, torniamo, quindi, all’affascinante mondo egiziano ed ai suoi “geroglifici”, termine traducibile letteralmente come “parole degli Dei”.
L’uso della scrittura incisa con geroglifici era, infatti, riservato a monumenti, o qualsiasi oggetto come stele e statue concepiti per essere eterni, mentre per le scritture meno important su papiro si utilizzava una tecnica semplificata, detta “ieratica”, o una stenografia per uso commerciale, detta “domotico”.
I geroglifici erano gli strumenti di Toth, Dio della sapienza e della scrittura, e furono utilizzati per oltre 3600 anni: dal periodo “predinastico” (foto a destra: il cartiglio di Narmer primo esempio del 3200 a.C.) fino all’epoca tardo-romana.
Il cartiglio è un gruppo di simboli contenente prenome e nome del sovrano, racchiusi in un anello, per indicare la discendenza da Ra, il dio Sole.
Dopo l’editto di Teodosio (394 d.C). che vietava i templi di culto non cristiani, l’utilizzo e la conoscenza del significato dei geroglifici si disperse completamente.
Le spedizioni europee in Egitto rilanciarono l’interesse e la curiosità per la sofisticata e antichissima cultura egizia e la sua misteriosa scrittura.
Il punto di svolta si verificò nel 1799 con la scoperta della Stele di Rosetta (foto a sinistra), su cui era inciso un identico testo in tre scritture diverse: geroglifici, greco e ‘domotico’ (oggi è esposta al British Museum).
Analizzandola, nel 1816 il fisico Young comprese come i geroglifici contenessero significati pittorici, simbolici e fonetici in una sorta di scrittura “tridimensionale”, inoltre intuì la presenza di nomi di Re e Regine incise nella Stele.
Jean Francois Champollion, genio delle lingue antiche, nel 1824 riuscì, infine, a decodificare l’antica scrittura egizia, partendo, in particolare, dai cartigli di Tolomeo, Cleopatra e Ramsete.
Terminata l’introduzione sulla scrittura egizia, entriamo nella parte centrale della relazione focalizzata sull’importanza della mano nella cultura dell’antico Egitto.
Igor evidenzia con numerosi esempi di rappresentazioni simboliche e di antiche incisioni, come l’ideogramma della mano fosse utilizzato in varie forme e combinato ad altri simboli, differenziando i significati, per caratterizzare i diversi gesti e le azioni degli uomini. rispetto alle attività tipicamente attribuite alle divinità.
Si è notato parallelamente,come il simbolo della mano non compaia mai per corrispondenti situazioni riferite alle Divinità, per le quali si usavano l’occhio, vari simboli geometrici e/o altro.
Si può, quindi, concludere come la mano fosse considerato, sin dall’antico Egitto, il simbolo precipuo dell’attività terrena dell’uomo, per il suo ruolo chiave nella nostra sfera vitale.
La presentazione si chiude su un’antica e bellissima immagine egizia che combina scrittura, pittura e sentimenti.
Al termine dell’apprezzata relazione i numerosi Soci presenti hanno posto molte domande al relatore, per chiarire ed approfondire alcuni punti del complesso e affascinante tema.